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Aiuto, qualcuno mi salvi dal mio capo!

Secondo un recente studio del The Workforce Institute che ha coinvolto dieci diversi paesi, quasi il 70% delle persone dichiara che il proprio responsabile ha un impatto sulla propria salute psicologica più alto del proprio terapista o medico. Un impatto assimilabile a quello del proprio partner (Fonte: “Il Sole 24 ore” del 23 febbraio 2023), per questo spesso, proprio come dal partner sbagliato, sentiamo il bisogno di salvarsi dal proprio capo.

Un dato incredibile quello riportato dallo studio, ma che descrive in modo realistico il momento storico attuale, nel quale chi ricopre posizioni di leadership in azienda ha il potere – nel bene o nel male – di condizionare la salute psicologica e il benessere delle persone.

I capi di oggi sono pertanto chiamati non solo a mettere le persone in condizione di lavorare bene, ma anche a fare in modo che le persone si sentano bene. Aspetto, quest’ultimo, che è indispensabile per garantire il primo.

Ma cosa fare quando il capo in azienda non ci sente proprio da quell’orecchio? Cosa fare quando la sue priorità sono i risultati, le scadenze, la puntualità negli orari, la presenza in ufficio? Quando ci affida un compito sopra l’altro, ignorando la mole di attività che dobbiamo gestire. Oppure quando ci chiede di trattenerci per una questione urgente che magari urgente non è, ignorando quanto per noi sia importante uscire in tempo dall’ufficio per andare a fare la spesa, allenarci in palestra, recuperare i figli a scuola o assistere un parente in malattia. In sintesi, cosa fare quando il capo non si cura di te, dei tuoi sentimenti e di come ti senti sul lavoro?

Mi capita sempre più spesso di fornire supporto a persone che lamentano uno stato di malessere, sofferenza, tensione legato all’organizzazione del lavoro e al proprio capo. Sentimenti che portano con sé anche stati di ansia, sensi di colpa, riduzione dell’autostima e del proprio valore, stress, confusione e difficoltà nella relazione con il partner.

Alla base di questi vissuti ci sono quasi sempre tre elementi: una difficile convivenza con il proprio responsabile, un’organizzazione del lavoro che non tiene conto della persona, e un utilizzo poco funzionale delle strategie di coping. Mi soffermo in particolare su queste ultime: perché se è vero che le aziende sono chiamate a trasformare l’organizzazione del lavoro e ad adeguarla alle esigenze delle persone, mentre i capi dovranno sempre più avere un ruolo attivo nell’adozione di comportamenti che favoriscano il benessere psicologico dei propri collaboratori, è altrettanto realistico ammettere che se non occupiamo una posizione di vertice in azienda sarà difficile avere la possibilità (o il potere) di generare un cambiamento ai piani alti verso il riconoscimento del nostro benessere.

Inoltre il cambiamento che azienda e management sono chiamati ad adottare per andare verso una leadership a misura di benessere psicologico, implica una trasformazione culturale che potrebbe richiedere un tempo piuttosto lungo prima di poter constatare dei benefici concreti.

Ecco allora che le abilità di coping possono venirci in aiuto: ma cosa sono le abilità di coping?

Deriva dall’inglese to cope, cioè “fronteggiare, fare fronte”. Nel linguaggio psicologico fanno riferimento all’insieme di abilità, risorse e capacità di ognuno di noi nel far fronte efficacemente alle minacce e agli eventi stressogeni che ci accadono, sul lavoro come nella vita in generale. Indicano cioè le strategie di adattamento messe in atto da un individuo per fronteggiare i problemi allo scopo di gestire, ridurre o tollerare lo stress e il conflitto.

Per utilizzare le abilità di coping in modo funzionale è importante saper riconoscere la problematica che stiamo vivendo, contenerla e ridurla ad una situazione specifica, e sviluppare consapevolezza rispetto ai pensieri, alle emozioni e ai comportamenti che noi stessi possiamo modificare in risposta alla situazione che ci crea difficoltà o malessere. 

Come detto, è fondamentale che azienda e management mettano in atto interventi e misure a sostegno del benessere psicologico di dipendenti e collaboratori, ma quando tutto ciò non è possibile possiamo provare a mettere in moto dei cambiamenti partendo da noi stessi.

Ti lascio qui un piccolo esercizio che puoi provare a mettere in pratica: perché per salvarci dal nostro capo a volte dobbiamo potenziare la nostra consapevolezza della problematica e trasformare le nostre abilità di coping!

ESERCIZIO

  1. Prova a focalizzare le situazioni col tuo capo che ti creano i maggiori disagi.
  2. Fra tutte le situazioni che ti vengono in mente, scegline una. Una sola, quella che ti crea maggiori difficoltà e che a tuo avviso ha la priorità su tutto il resto. 
  3. Concentrati sulla situazione che hai scelto: perché ti crea così difficoltà, malessere, disagio?
  4. Cosa puoi fare in merito a questa situazione?
  5. Cosa vorresti che accadesse di diverso rispetto a quanto accade oggi?
  6. Puoi fare qualcosa di diverso rispetto a quello che hai fatto finora per far accadere ciò che desideri? 
  7. Cosa ti impedisce di agire in modo diverso dal solito? 
  8. Cosa dovrebbe accadere perché tu possa agire in modo diverso?

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